venerdì 30 marzo 2012

MOKUSO (Il silenzio della mente)





MOKU: Silenzio

SO: Pensieri

Spesso è stato detto o scritto, che nel momento del Mokuso, si dovrebbe cercare di svuotare la mente, far entrare i pensieri e lasciarli svanire. Questo dovrebbe realizzare quel vuoto mentale che conduce ad una pratica del karate perfetta, che non tiene conto del mondo attorno a noi. E’ sicuramente un traguardo difficile da raggiungere forse perché è la stessa natura dell’uomo che ne complica l’applicazione. 

L’uomo è spesso portato a perdere il senso del presente, a diventare indifferente, a non curare con attenzione le situazioni della vita di tutti i giorni. Pertanto la ricerca nel mokuso di una situazione che nella maggioranza dei casi diventa quasi incomprensibile, va lasciata a chi riesce a realizzare questa difficile condizione mentale. 

Se al contrario il momento del mokuso è vissuto come modo di prendere coscienza dei propri pensieri, diventa più facile utilizzare al meglio la manciata di secondi in cui è eseguito. L’ideogramma “So” è composto di più parti che significano occhio e mente. Molti traducono questo significato in “guardare nel proprio cuore”. 

A questo punto non possiamo più parlare di astrazione, ma di un momento in cui dovremmo fare una profonda analisi della vita presente, che si esteriorizza nella pratica del karate. A fine allenamento, il mokuso dovrebbe aiutarci a ricollocare i nostri pensieri nella vita fuori del dojo. 

Se utilizzato e capito bene, il mokuso diventa un momento di sincerità e di verifica su noi stessi, mentre consideriamo il tempo speso durante l’allenamento. A seconda della risposta che scaturirà da questa profonda e leale introspezione, ci auto giudicheremo e se necessario faremo meglio nei prossimi allenamenti.


Il mokuso è eseguito in posizione Seiza (sedere quietamente) perché diventa più facile realizzare le seguenti condizioni:

· Decontrazione tonica del tronco

· Migliore controllo del respiro

· Migliore percezione del flusso di energia che attraversa il nostro corpo
Con il tempo e la pratica continua, si controllano più facilmente i fastidi legati alla posizione che soprattutto all’inizio è difficile mantenere a lungo.

mercoledì 21 marzo 2012

L'influenza di Yoshitaka Funakoshi, sullo Shotokan





Il cambiamento del concetto di stile
Pochissimi tra coloro che praticano il karate sanno che lo Shotokan-ryu, come viene oggi praticato
in tutto il mondo, è uno stile completamente diverso da quello insegnato dal Maestro Funakoshi
dopo il suo arrivo in Giappone. Non possiamo qui occuparci nel dettaglio della storia dello
Shotokan-ryu, ma volgiamo cogliere alcuni importanti elementi utili per comprendere lo stile.
Il punto di partenza per la nascita del successivo Shotokan-ryu fu certamente la scuola Matsumura
di Okinawa. Sokon Matsumura (1809-1896) era un combattente di alto rango, una personalità
significativa nel karate di Okinawa. Egli era uno stretto confidente del re di Okinawa (Matsumura
era l'insegnante personale del re ed il consigliere militare del governo di Okinawa) ed andava spesso
a Kyushu in loro compagnia; qui insegnava il difficile stile del Satsuma-Samurai, lo Jigen-ryu.
Sappiamo che Matsumura praticava nella scuola lo Jigen-ryu e che questo stile Samurai influenzò
notevolmente anche il suo karate.


E' possibile che un'influenza dello Jigen-ryu sulla scuola di
Matsumura facesse nascere un concetto di arte marziale che fu tenuto segreto da Matsumura e che
fu trasmesso solo per linea interna. La linea interna dello Shuri-te passa da Matsumura attraverso
Azato fino a Funakoshi. Ambigue personalità della scuola Matsumura furono il Maestro Anko Itosu
(1832-1916) ad Anko Azato (1827-1906). Itosu era il segretario privato del re di Ryukyu, ma aveva
una scuola privata a Shuri, nella quale teneva lezioni di arti marziali a molti allievi. In questa scuola
fu perfezionato lo Shuri-te che conseguì una forma che oggi conosciamo attraverso le scuola di
Okinawa. Questo stile fu insegnato anche al Maestro Funakoshi quando andò in Giappone. Oggi è
rappresentato in Giappone dallo Shito-ryu.





Il Maestro Azato era un Tonchi (capo della cittÓ per successione) secondo lo Udon (classe nobiliare
- equivalente al giapponese Daimyo), il secondo ad Okinawa per importanza di rango. Il suo
prestigio era così grande che egli fu trattato dal governatore di Okinawa come un amico di pari
grado e non come un vassallo. Egli non dovette insegnare le arti marziali per denaro e non ebbe una
scuola, ma accettò solamente allievi privati. Dato che aveva solo pochi allievi (se si eccettua Gichin
Funakoshi, suo allievo fu solo Ogusuku Chogo) egli ha oggi un ruolo piuttosto subordinato nella
storia delle arti marziali di Okinawa. Tuttavia il Maestro Azato fu l'erede ufficiale del Matsumuraryu
che non riaffiorò più in alcuna scuola di Okinawa nelle sue modalità originarie. Il Matsumuraryu
ha forti somiglianze con lo stile Shaolin del secolo XV.
Senza dubbio Anko Azato fu il maggiore "maestro in ombra" della generazione successiva a
Matsumura, poichè egli fu il successore dello Shorin-ryu Gokoku-an karate di Matsumura. Questo
stile si differenzia nel suo fondamento dallo stile della scuola Itosu che influenzò come puro Shurite
quasi tutti i Maestri di Okinawa della generazione successiva. Il Maestro Funakoshi imparò
principalmente da Azato e solo un allievo ospite. Quando egli andò in Giappone, tuttavia, insegnò
per quasi quindici interi anni lo Shuri-te di Itosu. La sua motivazione nel farlo non sarà mai chiarita
in modo definitivo. Molti ritengono che l'attuale Shotokan-ryu -del quale si dice che Yoshitaka
Funakoshi (il figlio del Maestro) fosse fondatore - nacque già nella scuola Matsumura e fu
perfezionato da Anko Azato.



E' possibile che ci fosse ad Okinawa un Kagemusha (offerta doppia), attraverso il quale questa linea
estrema di lotta Shorin doveva essere preservata.
Le inesattezze nella storia degli sviluppi dello Shorin-ryu di
Okinawa danno oggi ai ricercatori storici motivo di molte
speculazioni: "Da dove viene lo Shotokan-ryu?". Questo stile
evidentemente non si basa sui movimenti fondamentali dello
Shuri-te di Okinawa, anche se utilizza fondamentalmente i
kata di questo stile. Ma le modalità di movimento si basano
su un altro principio. I tipi e le modalità delle tecniche
secondo cui sono costruite nello Shotokan e in cui la
bioenergia viene usata nel movimento si distinguono
completamente da tutte quelle conosciute negli stili di
Okinawa.
E' noto che Anko Azato praticasse come Matsumura lo
Jigen-ryu. Questo difficile stile che ancora oggi esiste in
Giappone è uno stile estremamente dinamico e che evidenzia la lotta, molto simile alle concezioni
di base del moderno Shotokan-ryu. Questo principio non è contenuto nè nella concezione di
movimento della scuola Itosu nè nel karate che Funakoshi insegnò tra il 1922 e il 1938. Come potè
allora affiorare nel 1938 modificando le basi stilistiche del karate di Gichin Funakoshi?
Su questo ci furono solo supposizioni. Il Maestro Funakoshi, probabilmente, nel 1922 si recò da
Okinawa fino in Giappone. Okinawa era occupata dal 1600 dai Giapponesi e le arti marziali
okinawesi venivano praticate in segreto. Anche dopo che i due popoli si avvicinarono e gli
Okinawesi furono pronti ad esportare il loro karate in Giappone nessun erede interno dello stile di
Okinawa svelò l'ultimo segreto. Forse per questo il Maestro Funakoshi diffuse l'insegnamento
all'esterno. Nessuno può attualmente dirlo con sicurezza.


La situazione politica del Giappone e le condizioni del Butokukai portarono tuttavia presto il karate
ad una grave crisi. Tutte le scuole Budo del Giappone incontrarono dal 1932 una forte oppressione
da parte dei militari che esigevano di imparare quelle efficaci tecniche di difesa personale. Gli
allievi erano in competizione tra loro e, assaliti da gelosia, cercavano di sbarazzarsi in tutti i modi
della forte concorrenza. Se il Butokukai avesse dubitato dell'efficacia del karate o se fosse giunto
alla conclusione che esso era inutile per i militari, il karate non sarebbe sopravvissuto in Giappone.
Tutte le scuole Budo di ogni tempo si dovettero misurare con questa richiesta. Anche lo Shotokan-
Dojo, che nel frattempo fu diretto da Yoshitaka Funakoshi, ebbe condizioni severe, e la maggior
parte degli allievi di karate di una volta non erano affatto neutrali ma avevano degli interessi
politici.



Tenendo conto delle continue preoccupazioni del Maestro Funakoshi che il karate potesse essere
indubbiamente usato come mezzo di aggressione, molti esperti di karate sono oggi dell'opinione che
egli non volle mai insegnare in Giappone il sistema Azato che pone un accento particolare
sull'aspetto combattivo.(sistema che senza dubbio conosceva). Tuttavia per dovere verso il suo
Maestro lo trasmise presumibilmente a suo figlio Yoshitaka, sul quale abbiamo oggi affermazioni
contraddittorie. Yoshitaka era attivo politicamente in Giappone ed era inoltre un uomo ambizioso.
Quando egli nel 1939 assunse insieme ai suoi due assistenti Shigeru Egami e Genshin Hironishi la
direzione delle esercitazioni dello Shotokan-Dojo, iniziò a trasferire sempre nuovi elementi nello
stile, i quali modificarono di molto le basi delle esercitazioni esistenti. In The Way of Karate di
Egami si legge che spesso ci furono contrasti di opinioni per questo motivo tra padre e figlio. Il
vecchio Maestro era senza dubbio contrario alla preparazione combattiva dello stile.
Sotto la direzione di Yoshitaka Funakoshi, Genshin Hironishi, Takeshi Shimoda e Shigeru Egami
fecero nascere tra il 1939 e il 1943 uno stile completamente nuovo. I Maestri allievi di Funakoshi,
dinanzi a Yoshitaka, modificarono le basi dello Shuri-te ed insegnarono un'idea di stile che non si
riscontra in alcuno degli stili di karate oggi conosciuti. Questo stile, poi divenuto noto come
Shotokan-ryu, viene attribuito a Yoshitaka; ma molti storici dubitano che Yoshitaka Funakoshi abbia
creato questo stile senza l'intervanto di suo padre, come invece sembrerebbe essere accaduto per lo
stile Azato.
Ma come dovrebbe essere arrivato allo stile Azato se non attraverso lo stesso padre? Quando Azato
morì Yoshitaka era ancora molto giovane per l'apprendimento del karate e Itosu può averlo
conosciuto in ogni caso solo durante la sua infanzia. Ci sono molte supposizioni, ma la più
verosimile è che il Maestro Funakoshi stesso abbia trasmesso lo stile Azato a suo figlio. Ma forse
esisteva ad Okinawa un insegnante sconosciuto che mostrò lo stile a Yoshitaka. Yoshitaka andava
spesso ad Okinawa ed aveva qui contatti con diversi insegnanti di cui non si conoscono le
generalità.



Lo stile Shotokan mostra senza dubbio una grande influenza da Samurai, che manca alle altre
direzioni del karate. Lo Shorin-ryu e lo Shorei-ryu lasciano riconoscere chiaramente la loro
influenza cinese. Ad esempio nello Shito-ryu, che è impiantato sulla scuola Itosu, questo è
chiaramente visibile. Mabuni imparò il Naha-te prima sotto Higashionna; ma i metodi educativi di
Higashionna erano estremamente severi e questo impedì a Mabuni di apprendere lo stile nelle sue
profondità. Quando egli apprese che nella scuola Itosu tutto sarebbe stato più facile, cambiò stile. I
kata Shori dello Shito-ryu sono molto più morbidi di quelli originari; manca loro in molti aspetti la
grande forza che per esempio dimostra Goju-ryu. I kata Shorin dello Shito-ryu somigliano nella
forma a quelli dello Shotokan-ryu perchè entrambi provengono dalla scuola Itosu, e tuttavia le basi
del movimento sono molto diverse. Un Maestro dello Shito-ryu, vedendo lo Shotokan-Sochin, diede
la seguente descrizione: " Lo Shotokan-Sochin è il Samurai-Sochin ed è completamente diverso dal
Sochin dello Shuri-te. Si deve avere un corpo elastico, forte, ed anche uno spirito molto forte. Si
deve reagire e fendere il corpo dell'avversario come avviene nello Jigen-ryu".
Yoshitaka può avere imparato lo stile di Azato solo da suo padre. Ma quando la scuola Shotokan
s'incontrò con le pressioni crescenti dei militari che esigevano di apprendere quegli efficaci
programmi di lotta ravvicinata da tutte le scuola Budo, Yoshitaka decise di mettere lo stile a
disposizione dei militari e di collaborare. Egli insegnò in una scuola per agenti segreti, educò truppe
speciali da combattimento ravvicinato e piloti kamikaze. Molto di quello che è accaduto in passato
non sarebbe oggi più realizzabile.
La divisione dello stile
Yoshitaka Funakoshi, che è il principale responsabile dei cambiamenti dello Shuri-te nel moderno
Shotokan-ryu, morì in giovane età -nel 1945- di tubercolosi. Il Maestro Funakoshi era nel frattempo
quasi settantenne e si era ritirato dalla guida delle attività. Dopo la guerra (1945) gli assistenti di
Yoshitaka, Shigeru Egami e Genshin Hironishi, i maestri più progrediti dello Shotokan-ryu,
assunsero la direzione dello stile. Il vecchio Shotokan-dojo era distrutto, ed i membri si esercitavano
di nuovo nelle sei universitÓ ove il Maestro Funakoshi aveva precedentemente insegnato: Hosei,
Waseda, Takushoku, Keijo, Sanshu e Chuo.
I Maestri della vecchia generazione dello Shotokan (casa Shoto) insegnavano in queste universitÓ
ed avevano creato una associazione sotto la direzione di Hironishi ed Egami, la quale fu da tutti
chiamata Shotokai (Unione Shoto). Essi insegnavano il karate di Yoshitaka secondo le basi spirituali
che ad essi erano state tramandate dal Maestro Funakoshi. Masatochi Nakayama cominciò


nell'autunno del 1932 con il karate all'università di Takushoku, ma restò solo quattro anni presso il
Maestro Funakoshi poichè nel 1937 andò in Cina. Solo nel 1946 tornò ed iniziò a pubblicizzare
all'università le sue idee di convertire il karate in uno sport agonistico. Egli non sapeva niente degli
enormi sviluppi tecnici che avevano avuto luogo nello Shotokan tra il 1939 ed il 1943. I karateka
della vecchia generazione dello Shotokan come Yoshitaka Funakoshi o Takeshi Shimoda avevano
nel frattempo raggiunto un alto livello di maestria, ma anche gli allievi dell'età di Nakayama come
Genshin Hironishi e Shigeru Egami, in accordo con il Maestro Funakoshi, assunsero la direzione
dello stile.


Quando Nakayama tornò dalla guerra, tra Giappone e Cina ci era nello Shotokan una schiera di
Maestri di ottimo livello, mentre egli stesso non conosceva lo Shotokan-ryu come nel frattempo era
stato praticato. Essendo egli schivo nei confronti dei suoi colleghi di una volta, fu assegnato come
insegnante di supporto per gli juniores della università di Takushoku, tra questi, in particolare,
Minoru Miyata (uno degli allievi di Yoshitaka Funakoshi e Genshin Hironishi) operò affinchè
Masatoshi Nakayama imparasse il nuovo stile.
Sebbene Masatoshi Nakayama sia della stessa generazione di Egami e di Hironishi - a causa della
sua decennale assenza - non viene annoverato tra i Maestri dello Shotokan. Di conseguenza i suoi
sforzi tendenti al karate come sport agonistico non sortirono risultati. Ciò nonostante riuscì a
convincere alcuni Maestri dello Shotokan - tra i quali Hidetaka Nishiyama ed Isao Obata - della
validità del suo progetto. Insieme a loro ed a molti allievi di karate della universitÓ di Takushoku
egli fondò nel 1949 la JKA (Japan Karate Association) . L'obiettivo di questa organizzazione era
redigere un regolamento per l'attività agonistica del karate e fondare un
corso di istruzione nel quale i direttori tecnici fossero adeguatamente
istruiti affinchè potessero diffondere questa concezione del karate.
Dopo le difficoltà iniziali (Obata cambiò idea e tornò dai Maestri
Shotokan) Hidetaka Nishiyama arrivò a dare vita ai corsi di istruzione
per atleti selezionati. La famiglia di Nishiyama era molto ben
considerata dalla società giapponese e lui stesso era considerato un
eccellente Maestro di karate. Grazie a tale considerazione ed alla
grande influenza dei Nishiyama, è facile comprendere che persino
insegnanti come Gogen Yamaguchi o Hironori Otsuka erano pronti ad
insegnare in questa scuola. Il Maestro Funakoshi, che fu comunque
invitato, rifiutò il suo appoggio alla JKA. Il plauso maggiore per
l'educazione di questi atleti d'elite spetta senz'altro a Hidetaka
Nishiyama, che viene giustamente annoverato tra i più grandi istruttori
giapponesi di karate del dopoguerra. Anche negli anni Cinquanta Nishiyama fu la personalità più
significativa della JKA, come insegnante molto superiore a Nakayama ed in Giappone quasi una
figura di culto. Quando anche Nakayama più tardi divenne primo istruttore della JKA, Nishiyama
rimase la autorità ed alla fine si stabilì negli USA per evitare il conflitto con Nakayama.
Con il training professionale che veniva compiuto in questi corsi, la JKA sviluppò gradualmente la
sua posizione di supremazia ed ottenne tutti i titoli nei successivi campionati giapponesi. Superstar
come Kanazawa, Enoeda, Shirai ed altri resero famosa la JKA. Gli istruttori della JKA che furono
portati al limite delle loro prestazioni attraverso un allenamento intensivo, furono presto senza
concorrenza nello stesso karate agonistico. Molti tra i giovani allievi volevano in ogni caso praticare
questo karate ed i club tradizionali furono posti sotto pressione e pregati di aderire alla JKA. Il
karate agonistico cominciò a dominare la scena ed insorse la rivalitÓ con i Maestri dello Shotokai
tradizionale.
I membri di molti club universitari furono entusiasmati dalle prestazioni agonistiche dei
giovaniistruttori della JKA. La JKA offrì a questi eccellenti tecnici a pagamento come istruttori
nelle università promettendo il successo agonistico. Di fatto i club presso i quali insegnavano gli
istruttori della JKA avevano i maggiori successi nelle manifestazioni competitive. Molte università
misero da parte le proprie remore ed aderirono alla JKA che mise così a loro disposizione i propri
istruttori di karate agonistico. In questo modo la JKA iniziò lentamente a dominare le stesse
università e scuole superiori di karate. Solo ancora due universitÓ di Tokyo, Waseda e Keiyo,
mantennero la loro indipendenza poichè qui i direttori tecnici del tempo della vecchia scuola
Funakoshi, con il sostegno del vecchio Maestro, insegnavano un karate non agonistico (l'odierno
Shotokai). Ma questi furono isolati dalla politica di espansione della JKA. Le universitÓ di Waseda
e Keiyo rifiutarono di associarsi alla JKA e, come conseguenza, nel 1955 a tutti gli studenti di
queste universitÓ fu imposto il divieto di allenarsi nei club della JKA.
Questo fu il colpo di grazie per lo stile Shotokan che dovette cedere il passo agli allievi della
generazione più giovane che si allenavano nell'ambito della JKA. Nel 1955 Masatoshi Nakayama
assunse la direzione generale della JKA e Masatomo Tagaki, un compagno di studi di Nakayama
all'università di Takushoku, divenne il suo manager. Sebbene il suo karate fosse mediocre, ebbe
comunque il riconoscimento della JKA. Egli fece pubblicità all'associazione sulla stampa ed alla
televisione, lottò per gli sponsor delle ditte e fu il terrore di chi non pagava puntualmente le quote.
Nel 1964 grazie a lui la JKA potè abbandonare il suo piccolo Yotsuya-dojo e prendere possesso del
vecchio Kodokan.

Ma i direttori del JKA sognavano di affermare l'idea dell'agonismo a livello internazionale. Già nel
1957 Takayuki Mikami fu mandato nelle Filippine come istruttore JKA e nel 1958 Hirokazu
Kanazawa andò alle Hawaii per fondare la prima rappresentanza della JKA in territorio americano.
A partire dal 1960, dopo che Nishiyama andò negli USA, Nakayama potè terminare di costruire la
sua posizione di dominio. Egli fece diffondere la notizia di essere il successore di Funakoshi. I
giovani Maestri del corso di istruzione della JKA andarono in Europa e negli USA come insegnanti
dello Shotokan-ryu e vi insegnarono il karate agonistico della JKA. Ma con il passare del tempo,
molti di questi Maestri di alto karate persero l'entusiasmo per la JKA ed iniziarono a cercare in proprio, partendo dalle radici, il vero karate-do.

Ecco un video su di lui:
http://www.youtube.com/watch?v=Qbt3ZZOSP5M

martedì 20 marzo 2012

Il Karate cos'è? I precetti dell'insegnamento del karate.








Prima di spiegare gli aspetti tecnici del karate, vorrei fornire al lettore le indicazioni generali sul metodo d'approccio alla pratica e spiegare qualcosa su quello che dovrebbe essere il giusto atteggiamento nei confronti dell'addestramento.

Primo, poiché il karate è un'arte marziale, dovete allenarvi con la massima serietà sin dall'inizio. Ciò significa non solo essere onesti o diligenti nell'addestramento: in ogni momento, ad ogni passo, dovete immaginarvi nell'atto di affrontare un avversario con la spada sguainata.
Ogni pugno deve essere dato con la forza dell'intero corpo che c'è dietro, con l'intenzione di distruggere il vostro avversario con un colpo solo.
Dovete credere fermamente che la vostra vita dipende dall'esito del vostro attacco. Tenendo bene in mente tutto ciò, la vostra mente e la vostra energia si concentreranno, e il vostro spirito sarà in grado di
esprimersi totalmente. 

Secondo, non importa quanto tempo dedicate alla pratica, non importa quanti mesi o anni trascorrono: se vi limitate a muovere semplicemente le mani e i piedi non sarà mai molto diverso dallo studio della danza e non arriverete mai a conoscere la vera essenza del karate.

Scoprirete che un serio addestramento porterà nel tempo benefici non solo allo studio del karate, ma anche a molti altri aspetti dell'esistenza. La vita stessa è spesso simile a un vero combattimento. Un atteggiamento non curante verso di essa, come dare sempre per scontata una seconda possibilità dopo un fallimento ! 

Cosa può farvi sperare di ottenere nel breve arco di un'esistenza di cinquant'anni (speriamo anche di più naturalmente) ?
In secondo luogo, provate a eseguire esattamente quello che vi viene insegnato senza protestare, solo chi manca  di forza di volontà non affronta i propri limiti e ricorre costantemente a scuse d'ogni genere. Spesso con le sue sciocche proteste rasenta il patetico. 

Per esempio, nell'insegnare una certa posizione di difesa, mi capita di incontrare persone che affermano di non
essere in grado di impararla, malgrado tutti i tentativi. Mi chiedono cosa fare dopo averci provato per meno di un'ora! Anche chi si esercita instancabilmente ogni giorno fino a farsi diventare le gambe dure come pietre, avrà bisogno, per poterla imparare come si deve, di un periodo di tempo che va da sei mesi a un anno. 

E' ridicolo dire: "Tanto non mi riesce", senza prima mettercela tutta.
Se un monaco Zen ascoltasse tali parole rimprovererebbe aspramente colui che le avesse pronunciate e gli farebbe assaggiare il bastone. Non potete esercitarvi con le parole. 
Dovete imparare con il corpo. L'addestramento e l'autodisciplina comportano sacrifici ed ansia che bisogna
saper sopportare, fermamente convinti che se altri ci sono riusciti, allora potete farlo anche voi.
Chiedetevi: "Cos'è che mi blocca? Cosa sto sbagliando? E' insufficiente il mio metodo d'approccio?". Ecco cos'è l'addestramento nelle arti marziali.

Possiamo dimenticare velocemente ciò che ci è stato insegnato dagli altri, anche se di fondamentale importanza, ma non perderemo mai quello che abbiamo acquisito attraverso una dura e sofferta esperienza personale. Credo sia per questo che gli antichi Maestri delle arti marziali conferissero un diploma e rivelassero i propri segreti solo a quei discepoli che, grazie ad un addestramento duro al limite della sopportazione, avevano sperimentato direttamente lo spirito del budo.

Terzo, quando state imparando una nuova tecnica, praticatela con intensità fino a che non la comprenderete a fondo. Non cercate di sapere tutto immediatamente. Esercitatevi coscienziosamente. Il karate possiede numerose tecniche e molti kata. Non cadete nella trappola di ritenere necessario conoscere tutto in generale, visto quanto c'è da imparare. Imparare tutto a
memoria, senza aver capito veramente il significato e le tecniche dei kata, è pressoché impossibile:

L'impressione sarebbe quella di avere a che fare con un miscuglio incoerente di tecniche. Imparare ogni tecnica e ogni tecnica indipendentemente impedisce di cogliere le relazione che intercorrono fra i vari kata e come essi si integrino a vicenda. Imparare una cosa, dimenticandone un'altra, porta inevitabilmente alla confusione totale.

Un allievo esperto, anche solo in una tecnica, si accorgerà con estrema naturalezza delle corrispondenze con altre tecniche, Un pugno alto, uno basso, uno frontale e uno rovesciato sono essenzialmente la stessa cosa. Osservando con attenzione, potremo renderci conto che nel complesso i kata altro non sono che variazioni di un numero assai ristretto di tecniche. 
Se capirete bene una singola tecnica, vi basterà osservare le altre e conoscerne i punti fondamentali per assimilarle in un tempo relativamente breve.

Potrei raccontarvi la storia di un certo Maestro di Gidayu che, quando era ancora uno studente, intento a imparare racconti interminabili, aveva un maestro molto severo, che per molti anni non volle insegnargli nient'altro che un singolo passaggio del Taikoki, un dramma sulla vita e l'epoca di Toyotomi Hideyoshi. 


Centinaia di volte al giorno, giorno dopo giorno, gli veniva fatto ripetere lo stesso passaggio, e ogni volta l'unico commento del maestro era: "Non è abbastanza". E non gli permetteva di andare oltre.

Alla fine, in preda all'esasperazione, lo studente decise di non essere tagliato per quella professione e scappò via nel cuore della notte per andare a cimentarsi in qual cosa di più congeniale alla sua natura nella capitale dello shogun, Edo. 
Durante il tragitto gli capitò di sostare per la notte in una
locanda nella provincia di Suruga (oggi Prefettura di Shizuoka), dove un gruppo di appassionati di Gidayu si era radunato per un concorso di dilettanti. 
Ancora profondamente devoto ad un'arte in cui
si era a lungo esercitato, l'uomo non seppe resistere alla tentazione di partecipare alla gara e malgrado fosse estraneo al gruppo, entrò in scena e recitò con tutto il cuore quel Cinico passaggio che conosceva così bene. 

Quando ebbe finito, gli si avvicinò un anziano signore, il promotore del concorso, e gli disse: "Acciderba, è stato splendido! Mi piacerebbe conoscere il suo vero nome. Se
gli occhi e le orecchie non mi ingannano, lei deve essere un famoso Maestro".

Quella lode inattesa gettò l'ex studente nell' imbarazzo. Grattandosi il capo, rispose d'istinto: "Oh, niente potrebbe essere più lontano dalla realtà. Io sono solo un semplice dilettante. Devo ammettere che nemmeno conosco quello che segue o precede il saggio che ho
appena recitato".

Il vecchio fu sbalordito. "Davvero? Ma la sua bravura è pari a quella dei maestri Bunraku. Chi è stato il suo Maestro?". Lo studente raccontò di quanto fosse stata severa la sua preparazione e di come, alla fine, avesse deciso di abbandonare tutto e di scappare via.
Con un sospiro l'uomo disse: "Ha fatto un terribile errore. 

Lei ha imparato tutto questo in pochissimi anni proprio grazie a un maestro così severo. Ascolti il mio consiglio: torni immediatamente da lui, chieda il suo perdono e riprenda i suoi studi".
Lo studente, nell'ascoltare quelle parole piene di stima, si rese conto dell'errore compiuto e ritornò dal suo Maestro. Divenne in seguito anch'egli un Maestro di quell'arte. 
Credo che la storia si
riferisca a Maestro Koshiji, ma a parte questo, è uno spunto per ottime riflessioni.

Quarto, non datevi tante arie e non cercate di dimostrare la vostra forza. E assurdo che tanti tra coloro che praticano le arti marziali si sentano in dovere di dare spettacolo. Provate ad immaginare un tale che fa le spalle grosse con i gomiti sporgenti e che si pavoneggia per la strada, come se ne fosse il padrone indiscusso, con un'espressione sulla faccia che dice: "Io sono il più grande eroe di tutti i tempi". Anche se lo fosse, il rispetto per lui si ridurrebbe almeno della metà. 
E, ovviamente, se non lo fosse, e si trattasse invece di una mezza cartuccia, la situazione sarebbe troppo ridicola per poterla descrivere.

La spavalderia è un atteggiamento diffuso soprattutto tra i novizi che, comportandosi in questo modo, degradano e rovinano la reputazione di chi pratica seriamente le arti marziali. Poi ci sono quelli che conoscono superficialmente appena una o due tecniche di karate e che, mentre si fanno spazio tra la folla, tengono i pugni in un certo modo per attirare l'attenzione sulle loro nocche
callose, come se fossero alla ricerca di una rissa dementi senza speranza.

"Il suo sorriso riscalda il cuore dei fanciulli; la sua collera intimidisce una tigre". Ecco una descrizione breve ma efficace del vero esperto in arti marziali.



Quinto, la regola da tenere bene in mente è che bisogna essere sempre cortesi, rispettosi e obbedienti nei confronti degli anziani. Non esiste arte marziale che non ponga l'accento sull'importanza della gentilezza e delle buone maniere.
Cortesia e rispetto non devono essere confinati entro le mura dei dojo. C'è qualcu no che si inchinerebbe davanti ad un altare nel dojo, ma che altrove lo oltrepasserebbe senza porgergli il dovuto rispetto? Spererei di no. Allo stesso modo, c'è qualcuno che segue ben volentieri gli ordini degli anziani nel dojo, ma che poi ignora completamente le parole del padre e del fratello maggiore? Spero di no. 

Se tale persona esiste, non ha alcun diritto di praticare le arti marziali. A casa si ascoltano il padre e il fratello maggiore; a scuola si obbedisce ai propri insegnanti e agli allievi più grandi; nell'esercito si eseguono gli ordini degli ufficiali e dei sottufficiali; al lavoro si agisce sempre secondo le parole dei superiori. Proprio in funzione di tutto ciò, la pratica del karate
assume un grande valore.

Sesto, dovete ignorare il male e adottare il bene. Quando osservate le azioni degli altri e scoprite qualcosa che dovreste imparare, provateci subito senza esitazione. Se vedete un uomo vittima della pigrizia, siate critici nei confronti di voi stessi senza indulgenza. Quando vedete un uomo particolarmente bravo a calciare, chiedetevi per ché il suo calcio è così buono. Come potete imparare a calciare allo stesso modo; in cosa è diverso il vostro calcio? In questo modo dovreste essere capaci di escogitare un metodo per migliorare il vostro calcio. 
E se vedete un uomo che non riesce a progredire, chiedetevi ancora perché: forse non si esercita abbastanza o forse manca di determinazione. Chiedetevi: è così anche per voi?
Questo atteggiamento non serve solo per migliorarsi tecnicamente. Noi tutti abbiamo dei punti forti
e dei punti deboli: se desideriamo sinceramente migliorare noi stessi, ogni persona che incontriamo
sul nostro cammino può esserci d'esempio o rappresentare un termine di paragone che aiuti le nostre
riflessioni. Un vecchio proverbio dice: Sannin okonaeba kanarazu waga shi ari. (Si basa su un passo estratto dai detti di Confucio: "Quando cammino con altre due persone, queste possono servirmi da maestri: imito le loro virtù ed evito il loro difetti") 

Settimo, pensa alla vita di tutti i giorni come ad un allenamento. Non pensare che il karate appartenga solo al dojo, o sia esclusivamente un metodo di combattimento. Lo spirito della pratica del karate e gli elementi dell'addestramento sono applicabili a ogni aspetto della nostra vita quotidiana. Vincere il freddo a denti stretti durante l'addestramento invernale o scacciare le lacrime di sudore dagli occhi durante quello estivo può esservi molto utile nel vostro lavoro. E il corpo
forgiato dai colpi e dai calci di un intenso esercizio non soccomberà di fronte alla lunga preparazione di un esame difficile o al compimento di un incarico snervante. Chi ha potenziato lo spirito e la forza mentale allenandosi con un atteggiamento di irriducibile forza di volontà non
incontrerà mai degli avversari troppo grandi per lui. 
Chi ha sopportato tanti anni di sofferenza fisica
e mentale per imparare un pugno, o un calcio, dovrebbe essere capace di affrontare qualunque
impresa, di qualsiasi difficoltà, e di portarla a compimento. Questa può dirsi una persona che ha
imparato il karate.

Il Maestro Hiroshi Shirai


Hiroshi Shirai è, molto probabilmente, il Maestro giapponese che maggiormente ha contribuito a sviluppare il karate nel nostro paese.
Nasce il 31 luglio 1937 a Nagasaki (Giappone).
Durante la permanenza all'università Komazawa di Tokyo (dove si laurea in geologia) si allena nel karate e consegue il titolo di istruttore della Japan Karate Association.
Poco dopo frequenta il corso di Maestro di Karate (Shihan) e ne esce abilitato come C.N. 5° dan, per le funzioni di arbitroesaminatore e istruttore.
Nel 1962 conquista a Tokyo il titolo di campione del Giappone, confermato nel 1963 a Kyushu.
Nel 1965, dopo aver viaggiato in Africa e in America, decide di vivere ed insegnare il Karate, secondo lo stile Shotokan, in Italia.
Le dimostrazioni di questo Maestro sono "spettacoli" e gli spettatori rimangono incantati dalla forza che è sprigionata nei suoi Kata e la determinazione che traspare dai suoi occhi è stata spesso definita eccezionale. Per il suo particolare modo di muoversi è soprannominato "La Tigre". Attualmente è 9° Dan.

Nato il 31/07/1937 a Nagasaki (Giappone)
1955 - Inizia a praticare il karate
1957 - Diventa 1° Dan
1959 - Diventa 2° Dan ed è 1° ai campionati nazionali universitari
1960 - Inizia il corso per maestro presso la JKA
1961 - Diventa istruttore e 3° Dan, arriva 2° ai campionati nazionali giapponesi
1962 - 1° ai campionati nazionali giapponesi
1963 - Diventa maestro
1964 - Diventa 5° Dan
1965 - Da febbraio ad ottobre insieme ai maestri Kase, Kanazawa, Enoeda dimostrazione ed insegnamento in USA, Europa e Sudafrica
1966 - Fonda l'Associazione Italiana Karate (AIK)
1969 - Diventa 6° Dan
1970 - Fonda la FESIKA (Federazione Sportiva Italiana Karate)
1974 - Diventa 7° Dan



1978 - E' l'artefice principale dell'unificazione tra la FESIKA e la FIK
1979 - Fonda l'Istituto Shotokan Italia (ISI)
1986 - Diventa 8° Dan
1999 - Diventa 9° Dan
Negli anni ottanta è presidente della Commissione Tecnica e commissario tecnico delle nazionali che si sono susseguite
Nel novembre del 1989 insieme ad un gruppo di maestri e futuri dirigenti ha fondato la F.I.K.T.A. di cui è direttore tecnico
La federazione ha già raccolto nelle sue fila oltre 500 società, 25.000 iscritti e 1.000 tecnici, di gran lunga fra i più qualificati a livello nazionale, oltre ai migliori atleti, vincitori di numerose medaglie d'oro sia in campo europeo che mondiale
Lo sviluppo del Karate Tradizionale in Italia è frutto del suo competente ed appassionato insegnamento